Ricordo di Mons. Ettore Malnati in relazione al significativo evento del ritorno di Trieste all’Italia, avvenuto il 26 ottobre 1954. Questo momento storico rappresenta un capitolo fondamentale nella storia della città, segnando la fine di un lungo e complesso periodo di attesa e incertezze per i suoi abitanti.
Il 24 ottobre 1954 il sindaco Gianni Bartoli preparò la Città di Trieste ad essere inserita nel territorio dello Stato italiano, desiderio vivo nell’animo dei triestini già con i tristi “quaranta giorni” dei titini e poi nel periodo del Governo Militare Alleato, che aveva portato nel ‘53 alla rivolta con i morti a Sant’Antonio Nuovo
Dopo tanto lavoro del sindaco Bartoli, con l’impegno leale e diplomatico del vescovo Santin affinché venisse a cessare l’irregolare periodo dell’ occupazione e si risolvesse la situazione di Trieste cercando di correggere le “bozze” del Memorandum di Londra , venne preparata e inviata una dichiarazione voluta da Santin e dal Rettore dell’ Università degli studi di Trieste, prof. Rodolfo Ambrosino, al Presidente del Consiglio on. Scelba.
Santin e Ambrosino si recarono a Roma il 22 giugno ‘54 per esprimere le perplessità nei confronti di ciò che si stava consumando a svantaggio di Trieste e della Venezia Giulia .
Dopo il colloquio con il Presidente del Consiglio così scrisse Santin nel suo libro “Al tramonto”:
“Noi eravamo contrari al Memorandum per questione di principio. Non si poteva decidere della sorte delle due Zone senza interpellarle. Altra cosa era il Territorio Libero imposto con un trattato di pace accettato con riserva dall’Italia. Era ingiusto perché disponeva di terre e popolazioni senza interpellare queste. Ora si trattava di nuovo della destinazione, sia pure provvisoria e de facto cioè in amministrazione, di una popolazione. senza che fosse interpellata la popolazione stessa, unica autorizzata a decidere. Senza un plebiscito ciò non si poteva fare. Scelba affermava che non si rinunziava a nessun diritto, che era una composizione di carattere pratico e provvisorio. A lungo si discusse su questo argomento anche in tono forte e risentito, Era questione di principio, e poi si prevedeva il peggio, che si realizzò, cioè la cacciata degli italiani dalla Zona B e il perpetuarsi della situazione.
La pubblicazione del Memorandum ci riempì di angoscia. Prevedeva che entro dieci mesi la popolazione scegliesse di rimanere dov’ era o di cambiare domicilio. In quei dieci mesi la linea di separazione tra le Zone A e B rimase ermeticamente chiusa. Non si avevano neppure notizie. Ne filtravano con grande difficoltà poche e confuse. Circolavano voci strane e incerte. E incominciò nella zona B una violenta opera di persuasione e di minaccia, per allontanare la popolazione italiana, originaria, dalla Zona B. Di casa in casa si sparse il terrore e l’esito fu l’esodo quasi completo della popolazione italiana.
Il Memorandum fu un secondo errore. E un’ingiustizia commessa dalle potenze belligeranti. Fatta la pace,avevano il dovere di farla eseguire liberando la Zona B dall’occupazione jugoslava. La Zona A era stata sempre governata da loro , mediante gli organi del Governo Militare Alleato.
Ed era un’ingiustizia decidere di popolazioni senza interpellarle. Fin da principio si sarebbe dovuto mettere a base delle decisioni un plebiscito regolato dalle Nazioni non interessate.”
Il Memorandum si firmò e ai primi di novembre del ‘54 e il Presidente della Repubblica italiana Luigi Einaudi presenziò nella cattedrale di San Giusto al ritorno dell’Italia a Trieste.
Il vescovo Santin in quella circostanza con lealtà espresse davanti alle massime autorità dello Stato italiano la sua parziale gioia per il ritorno dell’Italia a Trieste, ma sottolineò senza mezzi termini la sua amarezza per il distacco della zona Giuliana dell’ Istria .
Montanelli in un articolo del 26 novembre 1954 sul Corriere della Sera approvò quella lealtà del vescovo Santin per il coraggio della testimonianza di amore per la sua Gente, che sempre aveva nutrito desideri di libertà e di un vivere civile.
Fino alla sua morte Santin seguì in ogni parte del mondo il suo Popolo profugo ed esodato e di ciò ne sono testimone oculare ,essendo stato accanto al Presule quale suo segretario fino alla sua morte. (Mons. Ettore Malnati)
didascalia: Mons. Ettore Malnati